Ricerca a cura di
Roberta Recchia e Ottavia Popiel
( Blog del buddy )
LA CURA DEL FERRO A ROMA
WALTER TOCCI
Walter Tocci nato a Poggio Moiano , nel 1925 è un politico italiano; è stato vicesindaco di Roma nella giunta di Francesco Rutelli dal 1993 al 2001. Si è laureato all’ Università di Roma La Sapienza prima in fisica poi in filosofia. Ha lavorato come ricercatore presso l'azienda di telecomunicazioni Selenia.
È stato consigliere
comunale a Roma dal 1985 al 1993, quando si dimise per assumere l'incarico
di vicesindaco e assessore alla mobilità nella
giunta di Francesco Rutelli che mantenne fino al 2001. In quegli anni ha impostato la strategia
della "cura del ferro", avviando il potenziamento del
trasporto pubblico nella Capitale.
LA CURA DEL FERRO:
Una strategia della mobilità a Roma
deve necessariamente puntare a un nuovo scopo: delineare un modello in cui
l'uso del mezzo privato sia limitato e regolato, per svolgere tutt'al più una
funzione complementare al trasporto pubblico, soprattutto nella periferia più
estrema. Nell'area storica, invece, l'automobile dovrebbe addirittura
scomparire, tant'è incompatibile con quel particolare paesaggio urbano.
La «cura del ferro» non è fine a se
stessa. Non è soltanto una terapia per dotare Roma di una rete di ferrovie e
metropolitane come mai ha avuto. È piuttosto il punto privilegiato da cui
partire per riconfigurare la città, con l'obiettivo di centrare i tessuti
urbani sui grandi assi di trasporto. Trattasi di
un programma ancora attuale e attuabile , Walter Tocci ripercorre e sostiene la
possibile soluzione alle problematiche del traffico e della mobilità.
- I vincoli strutturali della città, le infrastrutture di cui è già dotata, la sua precisa conformazione, da cui ripartire per compiere uno sforzo inedito di programmazione.
- le certezze politiche, che risiedono nella responsabilità di chi governa e nel programma che vincola il mandato.
È una questione anche simbolica, che riguarda precisamente l'identità urbana. Basta affacciarsi dal finestrino di un treno che entra in Roma per osservare come la città quasi ignori quei binari mostrando, su quel lato, soltanto il retro dei palazzi, il proprio «lato oscuro». L'attività di pianificazione urbana deve ribaltare anche simbolicamente questo dato, ritessendo un rapporto fra città e ferrovia, e chiamando quest'ultima a svolgere un ruolo decisivo nelle trasformazioni urbane degli anni a venire. Soltanto a queste condizioni il metro cubo può perdere finalmente il proprio valore di variabile indipendente dello sviluppo e le modificazioni urbane viaggiare attorno ai grandi assi di trasporto, secondo una nuova regola di trasformazione.
Il progetto
La «cura del ferro» è partita a Roma nel 1993. Con un accordo fra Comune di Roma e Ferrovie dello Stato (FS). Il progetto partì subito con l’attuazione delle tre tratte ferroviarie integrate con altrettante linee metropolitane , una per passante, assegnava al tram il compito di distribuire gli utenti in area centrale e semicentrale.
Con i nuovi treni urbani era partita anche l'integrazione dei trasporti pubblici, prima in Italia. Un'integrazione, in primo luogo, tariffaria: con un solo titolo di viaggio (il «Metrebus») si poteva viaggiare su treni FS, autobus Atac e Cotral, metropolitane e tram. In secondo luogo, gestionale: ci avviamo verso l'azienda regionale della mobilità, per unificare il comando e la gestione di tutto il trasporto locale
Dopo la realizzazione di quelle prime tre ferrovie
è stato purtroppo abbandonato, e nessuna nuova opera è stata portata a termine
né progettata.
Concetto di anello e passante
Pensando all’attuazione di un’opera ferroviaria nell’arco mancante tra Vigna Clara e l’asse Salario, ci si riferisce alla questione dell’anello.
“Un’opera necessaria in
un’ottica di pianificazione della rete a lungo termine, ma non giustificata
dalla domanda attuale degli utenti. Ritengo che a breve termine sarebbe meglio
investire sui passanti, mentre a lungo termine emergono i vantaggi della
chiusura dell’anello poiché questi una volta ultimati dovranno attraversare la
città utilizzando anche l’arco nord e non solo quello sud come oggi”
Passanti ferroviari e
lo
sviluppo della rete metropolitana romana
La logica dei passanti
si rivela ancora più importante se riferita alle metropolitane in città. La
linea C è stata pensata come grande connettore urbano per risolvere tre
problemi strategici: integrare con la città l’estesa e frammentata periferia
orientale.Oggi la A e la B si incontrano infatti in un solo punto, ma unite
alla C formano una doppia maglia tra San Giovanni, Colosseo, Termini e
Ottaviano. La linea C, servendo il cuore del centro storico, crea le condizioni
strutturali, insieme ai nuovi tram, per una vera pedonalizzazione. È
fondamentale secondo Tocci rilanciare la credibilità del progetto della linea
C, senza nascondersi dietro le difficoltà archeologiche che, al contrario,
possono diventare opportunità, come previsto dal progetto originario redatto
secondo il “metodo Roma”, introdotto da Adriano La Regina.
Un punto saliente del progetto e
l’esempio della metro C
Collocare
i volumi delle stazioni a circa trenta metri di profondità, evitando l’impatto
archeologico e attraversando lo strato antico soprastante solo con le scale
mobili, che possono passare in modo non invasivo anche vicino ai reperti,
rendendoli visibili ai viaggiatori; così concepite, le stazioni aiuterebbero a
scoprire una Roma ancora sconosciuta.
La
linea C è stata tra l’altro progettata per rendere attuabile il progetto Fori.
Con la metro C si potrebbe infatti pedonalizzare totalmente l’area, eliminando
lo stradone del tutto estraneo al paesaggio storico e recuperando la geometria
e le connessioni delle piazze imperiali. La versione originaria del progetto
della linea C disegnava sotto il viale e in connessione con la stazione
Colosseo un grande foyer di ingresso al parco dei Fori. I cittadini
uscendo dalla metropolitana avrebbero trovato un grande ambiente di servizi e
di accoglienza, prima di entrare nell’area archeologica all’altezza del Foro
della Pace. Questa versione del progetto è stata purtroppo abbandonata nel 2010
, l’area ipogea viene interamente bloccata dagli impianti della metropolitana,
rinunciando alla possibilità di dare al parco dei Fori una formidabile porta
sotterranea di accesso.
“È
la conseguenza del ritorno a una progettazione separata tra ingegneri e
archeologi: i primi vedono solo il problema funzionale e i secondi rinunciano a
proporre soluzioni limitandosi a gestire i vincoli”.
La funzione dei tram
Consideriamo
innanzitutto che Roma nelle direzioni radiali sprovviste di metro presenta
flussi di mobilità di circa 3-4 mila passeggeri/ora. Sono livelli di domanda
troppo alti per essere serviti dagli autobus. È su tali direttrici che è
necessario il rilancio del tram, una modalità di trasporto che, a costi di
investimento dieci volte più bassi delle metropolitane, realizza un’offerta di
trasporto più potente degli autobus.
Tram
pedonale
Il
tram può rappresentare un importante strumento di riqualificazione e ricucitura
urbana e non solo una semplice infrastruttura.
A
Roma si potrebbero realizzare tre passanti centrali, che coprirebbero tutte le
direttrici non servite dalle quattro metropolitane, più un passante periferico
nell’area orientale della città. I tre passanti centrali sarebbero
perfettamente integrati con le reti metropolitane e ferroviarie, garantendo a
queste la distribuzione capillare dei flussi e l’integrale accessibilità dei
luoghi. Non sarebbero solo infrastrutture di trasporto, ma creerebbero
l’occasione per ripensare la funzione e l’immagine delle vecchie consolari,
facendone i più bei viali di Roma contemporanea. I lavori necessari alla
realizzazione degli impianti tranviari offrirebbero l’opportunità per fare una
buona manutenzione delle vecchie reti urbane - spesso in pessime condizioni e allo stesso tempo per posare le nuove reti
tecnologiche digitali. In alcuni casi si potrebbero realizzare nel sottosuolo
parcheggi lineari lungo l’asse stradale, togliendo dalla superficie le
automobili dei residenti e restituendo spazio pubblico ai pedoni. In superficie
si dovrebbe riqualificare l’architettura delle strade e potenziarne l’uso
pedonale con il rifacimento delle pavimentazioni, un nuovo design dell’arredo
urbano, l’uso sapiente del verde e dell’acqua, la creazione di luoghi di
ristoro e di pausa. Questa operazione cambierebbe il volto della città, come
non sarebbe possibile in nessun altro modo. Le vie consolari tornerebbero a
essere la trama del tessuto urbano e ritroverebbero l’originario carattere di
transito che nell’antichità costituiva l’annuncio della città per chi arrivava
e il ricordo per chi partiva. Tale rinascita si può stimolare solo col tram, in
quanto strumento in grado di agire contestualmente sui processi strutturali,
funzionali e simbolici.
Come conclusione le parole di Tocci:
«La
mia idea potrebbe sembrare un disegno irrealistico che non tiene conto dei
vincoli finanziari e attuativi. Non è così. Che si realizzi poco o tanto, le
singole opere devono essere giustificate da un progetto più ambizioso che ne
garantisca la coerenza spaziale e temporale. Le linee tranviarie e
metropolitane devono essere integrate a larga scala, altrimenti non si ottiene
l’effetto rete e, a parità di costi, diminuisce l’efficacia. Riguardo alle
difficoltà dell’attuazione, la vera causa del problema risiede nell’aver
smarrito la cultura del progetto che va ricostruita, innanzitutto svincolando
la progettazione dal finanziamento. Oggi, infatti, si comincia a disegnare
un’opera solo dopo aver ottenuto i fondi, accumulando già in partenza un
ritardo che impedisce di bandire subito l’appalto, crea l’affanno dei soldi non
spesi e devia l’attività di progettazione verso scorciatoie e semplificazioni.
Le Amministrazioni dovrebbero invece progettare prima di ottenere i
finanziamenti, dotandosi di progetti esecutivi, elaborati senza affanno, pronti
per essere appaltati non appena si rendono disponibili i fondi. Occorre
ricostruire un’intelligenza pubblica per guidare la trasformazione.
Un’istituzione che non è in grado di progettare la città non potrà neppure
intervenire per cambiarla».
Dal sito Metrovia
https://metroviaroma.it/metrovia-linea-tram/metrotram-linea-t2/
In 10 anni le metro di superficie
Fissando in una timeline ideale le tempistiche necessarie per la realizzazione dell’intero sistema, la rete metropolitana di superficie si può completare in 10 anni. La chiave di volta è quella di lavorare per step successivi, ciascuno in grado di portare risultati tangibili.
Il diagramma qui sotto tiene conto di ciò che si può cominciare subito, di ciò che richiede un aggiornamento del PUMS, di ciò che è opportuno anticipare o posticipare, nell’economia generale del sistema.
I lavori, tranne pochissimi casi, non richiederanno l’interruzione del servizio ferroviario.
In 10 anni anche la maggior parte dei Metrotram
Roma è molto lontana dagli standard di mobilità delle grandi capitali europee e sconta un ritardo abissale sull’efficienza del trasporto pubblico, che si traduce in caos, traffico, smog. Degli oltre 6 milioni di spostamenti quotidiani, solo il 22,1% è supportato da trasporto pubblico (contro una media delle capitali europee del 40%).
Per non parlare delle auto che affollano la nostra città: vantiamo il record di 64 auto ogni 100 abitanti, più di chiunque altro in Europa.
Le centraline che monitorano la qualità dell'aria sforano i limiti, sempre e ovunque, costringendo di tanto in tanto le amministrazioni ai palliativi dei blocchi del traffico, che non restituiscono aria pulita né risolvono una grave crisi di sistema, e comportando multe per mancato rispetto dei limiti sugli NOx da parte della Corte UE.
La soluzione è il riuso della rete del ferro, urbana e regionale.
Le soluzioni agiscono su entrambi i fronti, con interventi che rispondono a finalità contrapposte, ma del tutto complementari.
Un sistema di trasporto di massa veloce, integrato e capillare. Un piano complessivo di sviluppo della mobilità su rotaia, improntato a semplicità, concretezza, rapidità, nel cui quadro inserire poi interventi infrastrutturali a sostegno della mobilità dolce e di rigenerazione urbana.
Alla rete primaria del servizio metropolitano, Metrovia 2023 affianca una maglia secondaria di mobilità urbana su ferro, ad alta efficienza: i Metrotram.
18 linee, 185 Km (di cui ben 155 nuovi) di corsie dedicate ed esclusive con asservimento semaforico, sottopassi, banchine attrezzate, fermate collegate alla rete metropolitana per facilitare gli scambi. E convogli rapidi e capienti. Metrotram così efficaci da sostituirsi al mezzo privato.
Questa è la rete metrotranviaria che abbiamo pensato, sul modello dei più avanzati esempi europei. Una rete capace di completare il sistema, riducendo al minimo le aree urbane che restano distanti oltre 500 metri dalla rete.
Una rete che cambia la mobilità: finalmente, più spazio alle ciclabili e alle aree pedonali. E un volano di trasformazione del paesaggio urbano.
Roma ha bisogno innanzitutto di una rete su ferro che metta in connessione tratte urbane delle ferrovie e metropolitane ipogee in un sistema di servizio metropolitano integrato: le linee M. Cui si aggiunge un servizio ferroviario urbano circolare, la MO .
Quindi Metrovia2023 comprende:
Le linee M suddivise in: 4 linee sotterranee M1,M2,M3,M 10 e 5 linee metropolitane di superficie M4, M5, M6, M7, M8 e in più 1 linea di superficie che si estende in sotterranea M9.
La CircleLine : 1 linea circolare ferroviaria MO.
Le linee S: 13 linee ferroviarie suburbane.
Le linee T: 18 linee di metrotram.
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