Ricerca a cura di 

 Roberta Recchia Ottavia Popiel

( Blog del buddy )


Domanda per l'artista:

 " Quando lei cerca ispirazione, per la realizzazione delle sue creazioni, 

c'è un rito ricorrente che compie o essa nasce casualmente?"



Elisa Montessori:

 L’arte di ciò che si svela e si nasconde.


La Montessori nasce a Genova nel 1931, compie studi classici e si laurea in lettere all’ Università La Sapienza di Roma, nella sua vita movimentata si sposta fra Genova, Milano e Roma. Da giovane vive nell’ambiente artistico frequenta Afro e Mirko Basadella. In quel periodo di conflitto tra astrattisti e figurativi vive una situazione di marginalità, non facendo parte la sua espressione di nessuna delle correnti artistiche dell’epoca. La Montessori ha sempre rivendicato la sua unicità rispetto alle correnti artistiche a lei contemporanee.

L’isolamento

Questa è una costante del percorso artistico della Montessori perché non è mai stata inserita in una tendenza o in un gruppo, e nel periodo in cui inizia la sua attività, questa scelta è penalizzante, essendo, inoltre, una donna. Malgrado ciò non le manca l’attenzione della critica e la partecipazione ad importanti mostre come le Quadriennali, la Biennale di Venezia, la Biennale di S. Paolo in Brasile.

“Elisa Montessori è un’artista che vive il mondo. Lo vive e lo guarda scavandone la superficie, traducendola attraverso una gamma di tratti […]un quadro racchiude sempre una domanda, aperto allo sguardo altrui, vedere una cosa equivale sempre a trovarne un’altra.”

-             Ilaria Gianni, Ogni cosa è un’altra, 2016, galleria Monitor, Roma.

 

Nella sua produzione artistica le vicende biografiche hanno una forte influenza, per cui il suo percorso artistico appare ben diversificato in stagioni e nel corso degli anni abbraccia varie tecniche stilistiche. Alcune tematiche della sua poetica si sono mantenute:

L'emancipazione femminile è da lei intesa come libertà creativa e non come affermazione professionale; Il tema della “libertà” fa da antagonista a quello delle “rinunce”, da lei definite come “amputazioni” alle quali le donne sono costrette.

Il confronto costante con la letteratura, che coincide con il suo percorso di studi, è un altro elemento caratterizzante della sua opera. Come possiamo notare tramite la produzione artistica esposta nella mostra al Palazzo Comunale di Ravenna, intitolata: “Piante e Fiori. Moralità Boschiva”. E’ una raccolta di opere legate al mondo vegetale, tema caro alla poetica della Montessori sin dai suoi esordi. L’esposizione sia di opere che d’installazioni prende il nome dal titolo di un libro d'artista nel quale la Montessori riflette sul concetto goethiano di metamorfosi, giocando con l'ambiguità del linguaggio per ricollegare il mondo delle piante a quello della biologia umana e del contesto urbano.

 



Fotografia di “Piante e Fiori. Moralità Boschiva”, Ravenna, Palazzo Comunale, 1977.


L'interesse per la cultura orientale, in particolar modo quella cinese, rafforzata dal matrimonio con l'ingegnere della Olivetti (Mario Tchou). L’Oriente per lei diventa maestro di vita, anche quando negli anni ’70 segue le tendenze minimal, con un infittirsi e diradarsi di un segno netto, nero sul bianco della carta. Arriva allora alla sintesi della linea unica di Orizzonte per poi tornare alle pitture d’intenso colore dell’   Ukyo-e  (il disegno del mondo fluttuante).





“Lavorare per me è il desiderio di eliminare”.

Con questa sua dichiarazione la Montessori ha, nel corso dell’intera vita, continuato a produrre opere basate sul concetto di accumulazione e sottrazione. Artista dalle molteplici visioni, nelle sue opere si percepisce in particolare la ricerca di un rapporto profondo tra donna e natura, inteso come momento di trasformazione e di metamorfosi. Racconti mitologici e corrispondenze con la letteratura e la poesia fanno sì che le opere di Elisa Montessori ci accompagnino in un armonico viaggio nella mente, un camminamento mai finito nel paesaggio, un attraversamento nella memoria del mondo e nelle emozioni.

Elisa racconta che da sempre, fin da bambina, disegna molto e da questo modo di esprimersi nasce la sua attività di artista. È il segno che rimane nel tempo l’elemento essenziale del suo fare. L’altro elemento protagonista nella composizione è il rapporto con lo spazio del foglio o della tela, che è sempre bidimensionale. Tutto avviene sulla superficie della tela, non c’è profondità, non c’è idea di spazio prospettico. Nella sua arte i segni sembrano emergere frammentari come da un ricordo, sono tratti insistiti che si rincorrono addensandosi e diradandosi. Tutti insieme formano un disegno unitario, spesso un paesaggio, sono immagini molto mentali come una visione ricordata stando ad occhi chiusi. Per tanto tempo il colore rimane un aspetto secondario, si affaccia a volte con leggerezza, creando sorpresa in un campo grafico, dove spesso il fondo non è dipinto: il segno deciso si presenta sulla tela nuda. La pittura matura molto più tardi e dilaga negli anni Ottanta, il colore è un fatto passionale, legato a un maggiore abbandono.

L’osservazione della forma e della struttura di elementi naturali, quale una foglia o una roccia, può essere l’elemento dominante di un suo quadro, e come nello sguardo dei pittori orientali. Della cultura visiva orientale l’artista conosce molto bene il valore del vuoto, che in quanto pausa, scansione, è importante quanto il pieno. Dall’equilibrio di questi due elementi nasce l’armonia della composizione. Nella Montessori troviamo spesso un rapporto con la poesia. È un raffronto tra la parola e l’immagine, che permette il dialogare di due codici diversi pur nelle profonde analogie.

Negli ultimi anni la curiosità di sperimentare porta la Montessori ad esprimersi anche con il mosaico e a riprendere un vecchio amore per la ceramica, con la quale realizza varie opere caratterizzate anch’esse dallo stile riconoscibile dell’artista, con le imprevedibili macchie di colore e il fluire delle linee tracciate: eleganti e sintetiche.

Spazio e Luce

“ L’inizio è lo spazio. Uno spazio, molto complicato. Uno spazio che ha una forza interna. Di passaggio. Un passaggio che è un muro. E ciò mi ha posto subito nella difficoltà di non poter adoperare dei colori, perché il colore sarebbe stato soffocato dal muro stesso. Allora ho preferito esercitare il muro contro muro “ .

La citazione dell’artista denota la sua scelta rispetto all’utilizzo della tela nuda, che essendo molto solida, sembra quella di un intonaco.

“ E su questo intonaco ho dipinto delle forme ispirate al fiume, qualcosa che corrispondesse alla città di Roma. Come in tante capitali d’Europa, il fiume rappresenta una vena continua, molto misteriosa. Ci sono dei fiumi di per sé vivibili e allegri, mentre il Tevere ha una forma minacciosa, segreta. Dove affiorano ricordi e oggetti. Che però tu osservi sempre dall’alto perché, quando scendi verso l’argine ti trovi a camminare spesso sul lato accosto al muro; l’acqua del Tevere è percepita come pericolo. E da questa storia, che mi sono un po’ inventata, ho tratto dei frammenti di ricordi, di passeggiate…”

I quadri dedicati al Tevere sembrano anche molto facili, ma in realtà contengono dei segni che hanno un ritmo dentro, non sono eseguiti in maniera casuale, si tratta di un disegno al contrario, un disegno che io non vedo, a occhi chiusi, occhi aperti-chiusi. Tutto è regolato da una disciplina interna.

“… ho una mano che gira molto più velocemente del pensiero. Sento un vuoto e lascio un vuoto quando mi serve, sento un pieno e faccio un pieno quando mi serve. E la mano va, va da sola…”

 

Un quadro non è mai un singolo fotogramma, bensì una sequenza.

“… catturo, “rubo” il tuo tempo. Il mio è un vero e proprio furto, in senso positivo ovviamente. Ti rubo l’attenzione, perché senza di essa non c’è scambio. E non si tratta di uno scambio di bellezza e meraviglia, ma dello scambio in cui tu spettatore metti in gioco te stesso. Noi siamo spesso abituati a una forma pubblicitaria di offerta, a un manifesto imposto in modo che l’osservatore filtri il messaggio secondo gli occhi dall’autore. Io invece metto a disposizione un avvio.”

 

Elisa Montessori, Natura morta con pennello, 1983, grafite, pastelli su carta da spolvero, 50 x 70 cm. Courtesy l’artista & Monitor, Roma Lisbona




Elisa Montessori, Le pantofole di Paribanu (dalle Mille e una Notte), 2000, olio su tela, 120 x 140 cm. Courtesy l’artista & Monitor, Roma Lisbona



Elisa Montessori, pagina dal libro d’artista Tutti i Giorni, 2023.



L' installazione al Monitor a Roma

"Ogni cosa è un'altra"

2016





Elisa Montessori, Paesaggi trasparenti, 1977, paper, black marker, plastic box.



Giovanna De Sanctis Ricciardone


L’artista Giovanna De Sanctis Ricciardone si è laureata presso la Facoltà di Architettura di Valle giulia  a Roma negli anni 60’, successivamente nel 1974 ha intrapreso una carriera volta all’arte, iniziando un percorso presso l’ “associazione culturale del politecnico” , ambiente aperto ad architetti, artisti, musicisti, poeti ed amanti dell'arte.

Qui Lavorò per più di venti anni come responsabile della sezione di arti visive, dopo questo lungo percorso riuscì a fondare il suo studio in una piccola cittadina Umbra, nacque così, in un capannone industriale il “Progetto-Arte”, luogo adatto alla scultura progettuale a cui si dedicava al tempo.

L’ artista definisce se stessa come “traditrice” e “fuggitiva” da tutti i pensieri, compreso quello dell’arte. Secondo Giovanna D.R. la nascita di un pro-getto (ciò che si getta in avanti verso il futuro) deriva dalla spinta della passione proveniente dal nostro “ spirito del profondo” che non nutre sempre un accezione positiva (passione deriva da pathos; sofferenza). Si sviluppa cosi un’ immaginazione visionaria attiva e creativa derivante da uno sguardo rivolto verso la nostra anima; una visuale distorta , ottenuta  distaccandosi dal mondo esterno e dall’immagine di noi stessi, tramite la meditazione e momenti di silenzio visivo.


L’ARCHETIPO ALLA BASE DELL’ARTE

“come può nascere un’ immaginazione creativa dall’interno piuttosto che dall’imitazione passiva e conformistica delle immagini a cui siamo continuamente sottoposti?” 

Ponendosi questa domanda, Giovanna De Sanctis Ricciardone, fa riferimento al concetto di archetipo. Questi sono racchiusi dentro di noi e prima o poi si manifestano "venendo fuori" dal profondo del nostro spirito e della nostra psiche, a tal proposito, bisogna affidarsi al silenzio per poter farli affiorare. Se non si trova il tempo di dedicarsi a questa riflessione interna, si va incontro ad una mancanza d' identità, la cui soluzione è rendersi identici a ciò che c’è fuori, particolarmente comune nelle nuove generazioni. Un’uniformità incrementata dalla nascita di una serie di identità delineanti seguite in massa.


IL COSMOS

Esiste un archetipo che l’artista definisce come fondamentale, il “Kosmos”, ovvero il senso primigenio che l’essere umano ha di essere schiacciato da forze cosmiche, ma anche la necessità di comunicare con esse. La prima forza cosmica è la gravità , che tiene ancorato l’uomo alla terra, la seconda è una misteriosa forza che consente di volare verso il cielo, non a caso, un mito per eccellenza è quello del volo di Icaro, che tenta di scindersi dalla gravità che lo rende prigioniero sulla terra.



Schizzi di studio per il concorso del Maxxi, 2009.

A tal proposito l’artista s'interroga e definisce la nascita di scultura e architettura. Prendendo un “grave” e ponendolo nella terra si realizza il primo atto di potenza umana, nato dalla volontà di comunicare con le forze cosmiche, frutto di un progetto. La lotta alla gravità attraverso un monolite (menhir) è il primo atto della scultura; attraverso un trilite (dolmen) c'è il primo atto dell’architettura.

 La scultura è dunque luogo di un rito gravitazionale, dato dal sollevamento di un grave. 

“sollevare la pietra è l’atto primordiale che sfugge all’obbligo schiacciante della gravità; la forza solleva la massa, si oppone all’ inesorabilità gravitazionale, al destino entropico per cui tutto torna alla terra a quota zero”   

Giovanna De Sanctis Ricciardone ha realizzato degli schizzi che simboleggiano la forza che va verso il cielo e la forza che spinge verso la terra.




Schizzi di Studio. La scultura è il luogo di un rito gravitazionale


Il rito gravitazionale caratteristico della scultura dell’ artista è quello di sollevare la massa sottraendola all’asse verticale e giocando con lo squilibrio dell’oggetto , con la materia e con il peso. Non arrendendosi alla gravità lavorando per contraddizioni.


Riferendosi ai progettisti indegni l'artista dice :

" Essi dimenticarono e  schiacciarono la terra per costruire i simboli verticali che penetrassero il cielo. Essi hanno voluto punta contro cerchio, penetrazione contro comprensione, grattacielo che sfida il cielo contro piazza, fuori contro dentro, produttività contro creatività, tecnologia contro natura. Progettare nella loro logica è delitto."

Poichè sì al non arrendersi alla gravità ma facendolo con il rispetto dovuto alla natura preesistente del luogo che ospita l'architettura.

 

CONCETTO DI CAOS

Noi occidentali vogliamo risolvere la contraddizione sempre con un elemento solo, sono gli orientali che ci hanno insegnato che esiste lo ying e lo yang: che la realtà è fatta da forze contraddittorie che si debbono incastrare. “Il qui e ora" è un determinato e miracoloso punto di equilibrio instabile tra forza opposte. La difficoltà sta nel ricercare costantemente un equilibrio dinamico che è lo stesso che organizza il cosmo, in cui il disordine è generatore e creatore. Esiste infatti una complementarietà tra fenomeni disordinati e fenomeni organizzati, che i nostri occhi vedono e percepiscono in maniera diversa.


LA SCISSIONE DAL PESO DEL GRAVE

Una questione  particolarmente cara all’artista è quella della liberazione dalla condanna del peso grave della materia ottenuta dal Bernini, argomento su cui Giovanna De Sanctis Ricciardone che ha passato anni di studio .

A differenza di Michelangelo, che aveva raffigurato sculture incatenate ad un grave rappresentando uno stato di prigionia, Bernini libera la forma e la avvita verso il cielo , come mossa dal vento e instabile ( Apollo e Dafne, gli Angeli etc. ) Questa questione è particolarmente cara all’artista che ha passato anni di studio sulle sculture del Bernini.Egli mette in evidenza un’energia drammaticamente viva e caotica, usando la torsione e la piegatura dello spazio.

Alla fine degli anni 70’, mentre ancora lavora con disegno e scultura,  l’artista fa emergere la sua passione per il barocco, per lei una pulsione dal profondo , mantiene nella sua evoluzione artistica un legame ben ferrato con Bernini.

 

  In ordine: “Materiali per una messa in scena dell’estasi”, personale, Genazzano, 1981; 

“Orfeo ed Euridice”, personale, Roma.


Nel 2007 Partecipa ad un importante mostra a Terni “Barok”. In un'ex fabbrica dove erano stati creati spazi per la cultura; l'insieme delle sue opere era definito Caos. Le sculture presentate erano povere, eccetto due bronzi. Le opere volano e rotolano col vento su un fitto intreccio di aste: simbolo delle forze; Fracta, frammenti di memorie, sono installate su dei tavoli ovali che sono stati disegnati  e fatti eseguire in acciaio specchiato. Modelli, secondo l’artista, di una sua idea di architettura.

  


TORSIONI

Un’ altra eredità del Barocco cara all’artista è quella della torsione ; dei corpi, del piano, dello spazio, dello spirito... Nei lavori degli anni 80’ lavora con questo elemento, affascinata dalla geometria delle rigate, strumento di tortura del piano, componendo un ibrido tra Barocco e Futurismo.

“Nel ’900 l’arte ha perso il debito antropomorfico che l’aveva a lungo vincolata, esplodendo in ogni direzione spaziale. Ma già tre secoli prima il barocco prodigiosamente materializzava il volo. Bernini liberava la forma [...], la avvitava verso il cielo. Gli angeli sono quelli che volano in ogni direzione e se ne fottono della verticale e del centro [...], sono il simbolo del polimorfo che vola nell’aria e percorre liberamente lo spazio. La materia pesante della scultura aveva preso il vento, come le vele dei galeoni, improntata dalla forma caotica delle forze contrastanti dell’universo, in un momento di prodigiosa intuizione simbolica che non a caso coincide con la prima scientifica cognizione delle forze della fisica. Ho sempre visto, il Futurismo [...], come l’esito novecentista di questo percorso.”

Nel 1898 inaugura la sua prima mostra di scultura intitolata “ Galaxias”.

In ordine: “TORTURE”, personale, Roma, 1986. “Galaxias”, personale, Roma, 1988 (ultima)

 

L’ARTE E IL RAPPORTO CON IL MONDO

L’arte ha fin dall’inizio un destino museale, il progetto dello spazio nel mondo è privo di arte, si seguono piuttosto le logiche del profitto. L’ambiente, quello cementificato e costruito o quello dove ancora ci sono prati non porta il segno dell’arte. La rinuncia del mondo al segno dell’arte e la rinuncia dell’arte a segnare il mondo è definita dall’artista una catastrofe ambientale.

Quella dell’ “ Arte e il progetto” sarà l’ultima mostra prima di aprire il suo studio Progetto Arte in Umbria nel 1992

 

MUSEI DIFFUSI - L’ ARTE PUBBLICA

Trasferitasi in un piccolo paese in Umbria ha costruito un capannone prefabbricato atto a spazio per la scultura. L’ isolamento della struttura ha contribuito a raggiungere il silenzio alla base della fuoriuscita degli archetipi. In questi anni l’artista si è dedicata ad approfondire il tema di arte e città , l’auspicata presenza dell’ arte negli spazi urbani. Questo ideale prevedeva un rapporto di collaborazione tra artisti ed architetti. Per molti anni Giovanna De Sanctis Ricciardone si è dedicata alla progettazione per spazi pubblici definendo la scultura pubblica come street art o musei diffusi. Si considera dunque come artista progettuale.


Un esempio di opera pubblica la ritroviamo nella “ Stele” una scheggia della memoria barocca precipitata nella smemorata periferia urbana romana e “Nike”, una vittoria alata, come una farfalla, posata al davanti al nuovo palazzo di Giustizia di Palermo, a memoria delle troppe tragedie

 

Nike, Nuovo Palazzo Di Giustizia di Palermo, 2001.

 

LA DONNA E L’ ARCHITETTURA 

La contraddizione uomo donna è dominante , progettare per una donna è impossibile, è necessario prima progettarsi. La donna si deve prima progettare altrimenti non le viene consentito nulla. All’inizio della Legenda di Medusa l’eroe maschile tagliò la testa al mostro femminile. L’eroe legò la testa al proprio scudo e la utilizzo come arma, sfruttando lo sguardo terribile della medusa. L’architettura si è fatta al maschile, oggi è necessario rivedere questo concetto poichè le conseguenze di questo atteggiamento le percepiamo anche al giorno d' oggi. E' una sfida del potere, architettura come sfida: grattacieli sempre più alti, volontà di affermare il proprio potere, le donne devono secondo Giovanna riprendere posizione e coscienza trasformandola in una diversa operatività sul mondo.

 


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